I primi suoni sono emessi a partire dal sesto mese, quando ha inizio la lallazione: il lattante pronuncia soltanto sillabe ripetute, in cui è più facile riscontrare le vocali e le consonanti più utilizzate da adulto. Ma l’apprendimento del linguaggio, è un processo ben più precoce e sembra aver inizio già nel grembo materno. È quanto è riuscito a dimostrare un team di ricercatori francesi dell’Istituto nazionale di ricerca medica di Amiens. L’esito della ricerca è stato pubblicato su Pnas.
Gli studiosi hanno scoperto che il cervello dei neonati prematuri è capace di distinguere tra differenti tipi di sillabe, anche se il neonato è nato tre mesi prima del termine della gestazione. La scoperta è stata effettuata attraverso le scansioni cerebrali dei bimbi generati con tre mesi di anticipo rispetto alla conclusione della gravidanza. I risultati hanno rivelato dettagli inediti sulle capacità di comprensione del linguaggio durante le prime fasi della vita umana. La comprensione delle sillabe sarebbe, secondo la ricerca, un meccanismo innato e non appreso immediatamente dopo la nascita. “Il dato conferma altre ipotesi già presenti in letteratura – spiega Remo Job, docente di psicologia del linguaggio e della comunicazione all’università degli studi di Trento – Buona parte delle abilità linguistiche sono innate, le aree deputate all’elaborazione del linguaggio sono molto plastiche e l’impatto dopo la nascita è minimo e riguarda soprattutto la differenziazione linguistica: è questo il motivo per cui un bambino che nasce da genitori italiani parla l’italiano”. Lo studio ha analizzato l’attività cerebrale dei neonati pretermine a ventotto settimane in risposta a stimolazioni sonore vocali. I ricercatori hanno rilevato che, nonostante il cervello non sia del tutto formato, i bambini prematuri sono capaci di distinguere le differenze tra la voce maschile e la voce femminile e tra le sillabe “ba” e “ga”. L’evidenza conferma alcune verità: il feto può riconoscere la voce materna ed è sensibile ad alcuni suoni, così come fin dalla nascita è in grado di distinguere la lingua madre da altre lingue straniere. Infatti uno studio multicentrico, condotto sotto la direzione dell’Università di Piladelfia (Usa), sottolinea che l’acquisizione del linguaggio della lingua madre sia legato ad una capacità percettiva dei neonati per certi imput uditivi. Ascoltare, ma soprattutto imparare ad articolare frasi di senso compiuto, sono le tappe che segnano la crescita del bambino, che inizia a produrre le parole vere dopo l’ anno di età: principalmente nomi, poi verbi e aggettivi, questi ultimi utilizzati per mettere in luce un dettaglio e inizialmente rivolti alla sfera emotiva. Ecco perché “bello”, “cattivo” e “buono” sono le etichette con cui si giudicano genitori e animali. I primi termini utilizzati derivano dal contesto familiare e spesso sono capiti soltanto dai genitori. “Il lessico di base è acquisito entro i quattro anni e comprende tra le mille e le duemila parole. Il vocabolario è poi ampliato in età scolare, quando si acquisisce anche la grafia”, aggiunge Job. “Più ricco è il contesto, meglio è: il bambino è un attore coinvolto nel rapporto tra i genitori. “