Le ipoacusie infantili possono essere classificate in base al distretto anatomico sede della lesione, alla gravità, alla lateralità ed all’epoca d’insorgenza rispetto all’età di apprendimento del linguaggio.
In base al distretto anatomico interessato si distinguono due forme:
– Ipoacusia trasmissiva o di conduzione, causata da un’interferenza con il meccanismo di ricezione del suono e/o della sua amplificazione prima che esso raggiunga la coclea.
– Ipoacusia neurosensoriale, causata da un danno della COCLEA e/o degli elementi neurosensoriali ad essa collegati, inclusi il NERVO ACUSTICO e le sue connessioni al TRONCO ENCEFALICO ed alle altre strutture del sistema uditivo centrale. A loro volta, le ipoacusie neurosensoriali possono essere classificate come COCLEARI, nelle quali la coclea è la sede di lesione, e RETROCOCLEARI, nelle quali il danno si colloca oltre la coclea, quindi in una o più sedi lungo le vie uditive (dal nervo acustico alla corteccia cerebrale). Una forma a sé, a cavallo fra le forme cocleari e quelle retro cocleari, è stata individuata a partire dalla metà degli anni novanta (Starr, 1996): la neuropatia/dissincronia uditiva, condizione definita dalla presenza di funzione cocleare rilevabile mediante Otoemissioni Acustiche (OAE) e disfunzione del nervo acustico ai potenziali evocati uditivi troncoencefalici (ABR).
In base alla gravità le ipoacusie si distinguono (classificazione ASHA- American Speech and Hearing Association.) in:
– lieve, soglia uditiva tonale media per le frequenze tra 0,5 e 4 kHz compresa tra 26 dB HL e 40 dB HL
– moderata, soglia compresa tra 41 e 55 dB HL
– moderata-severa, soglia compresa tra 56 e 70 dB HL
– severa, soglia compresa tra 71 dB HL e 90 dB HL
– profonda, soglia >90 dB HL
– anacusia o cofosi, assenza di residui uditivi.
In base alla lateralità dell’ipoacusia si distinguono:
– ipoacusie monolaterali
– anacusia, assenza monolaterale di residui uditivi
– ipoacusie bilaterali
– anacusia, assenza bilaterale di residui uditivi.
In base all’epoca di insorgenza, relativamente al periodo di sviluppo della comunicazione
uditivo-verbale, si distinguono:
– pre-verbali, insorgenza prima dei 2 anni di vita
– peri-verbali, insorgenza tra i 2 e i 6 anni di vita
– post-verbali, insorgenza dopo i 6 anni di vita.
Etio-patogenesi dell’ipoacusia congenita
L’ipoacusia infantile neurosensoriale bilaterale congenita è la forma più frequente e la sua origine può essere riferita a molteplici condizioni morbose in grado di alterare la fisiologia sensoriale e/o neurale. Nel 60% dei casi è possibile determinare l’origine dell’ipoacusia e le cause più comuni sono mutazioni genetiche isolate, in assenza (20%) o in presenza di una sindrome genetica (3-4%), l’esposizione in utero a fattori patogeni quali infezione da CMV o rosolia (12%), fattori intervenuti in epoca peri-natale (10%) e post-natale (7%) (Morzaria, 2004). La causa dell’ipoacusia rimane però sconosciuta in circa il 40% dei casi.
Sono relativamente rari i casi in cui il danno, genetico o ambientale, si determina a livello retrococleare.
Epidemiologia
I dati epidemiologici disponibili circa incidenza e prevalenza dell’ipoacusia infantile permanente derivano principalmente dalla letteratura internazionale, non esistendo in Italia un programma nazionale di screening uditivo neonatale universale. L’ipoacusia infantile congenita permanente ha un’incidenza di gran lunga superiore a quella di patologie per le quali attualmente lo screening è obbligatorio per legge. Negli Stati Uniti, un’indagine del Center for Disease Control and Prevention (CDC, 2012) ha evidenziato come l’ipoacusia infantile sia presente alla nascita in 1-3 su 1000 nati vivi; il numero di casi identificati grazie allo screening neonatale (circa 5000) è superiore a quello dei casi di ipotiroidismo congenito primario (circa 2000), di fibrosi cistica (circa 1200), di anemia falciforme (circa 1500), di galattosemia (circa 200) e di fenilchetonuria (circa 200).
I pochi dati italiani relativi ai risultati dello screening uditivo neonatale universale derivano dall’esperienza di singoli centri o di specifiche aree, ma sembrano confermare i dati epidemiologici riportati dalla letteratura internazionale. Nella Sicilia Occidentale, l’incidenza d’ipoacusia infantile alla nascita è di circa 3 nuovi casi /1000 neonati/anno (Martines, 2012). L’esperienza di 4 anni di screening uditivo neonatale (2005-2009) dell’Università di Pisa (Ghirri, 2011) indica una prevalenza di ipoacusia infantile permanente pari al 4‰ se si considerano tutti i neonati, compresi quelli con fattori di rischio. Di questi, l’1‰ presentava una ipoacusia monolaterale e il 3‰ una ipoacusia bilaterale. Dei neonati con ipoacusia bilaterale, il 35% circa presentava una ipoacusia di grado grave-profondo (prevalenza 1,2‰). Dei pazienti con ipoacusia bilaterale permanente, l’80% presentava fattori di rischio per ipoacusia.
La prevalenza delle ipoacusie infantili retrococleari ed in particolare della neuropatia/dissincronia uditiva è poco conosciuta. I dati di screening neonatale universale dell’Università di Pisa la indicano allo 0.1‰ (Ghirri, 2011), in accordo coi risultati di altri studi (Rance, 1999). Altri autori hanno, invece, individuato una prevalenza leggermente maggiore, oscillante dallo 0.4‰ (Kirkim, 2008) allo 0.6‰ (Ngo, 2006). È probabile che tali lievi oscillazioni nella prevalenza siano dovute alla bassa frequenza della condizione ed alla variabilità della proporzione di bambini prematuri e con basso peso alla nascita considerata nei diversi studi. È d’altra parte verosimile che nel prossimo futuro, come conseguenza dell’aumento di morbilità che accompagna la ridotta mortalità di bambini in queste categorie, la prevalenza della neuropatia/dissincronia uditiva sia destinata ad aumentare.
Conseguenze della sordità congenita in assenza di trattamento
Gli effetti che una mancata diagnosi neonatale di ipoacusia moderata, severa o profondabilaterale produce sullo sviluppo del linguaggio parlato e delle abilità comunicative, così come sulle performance scolastiche e sulla vita sociale ed affettiva degli individui, sono noti da tempo.
Prima dell’introduzione nella pratica clinica di strumenti per la diagnostica delle ipoacusie infantili, la diagnosi delle forme moderate-severe avveniva tardivamente, molto oltre l’epoca neonatale, e non di rado la diagnosi delle forme medio-lievi veniva effettuata quando il bambino era in età scolare.
Globalmente, in assenza di una diagnosi e trattamento precoce, gli esiti sono riconducibili ai seguenti ambiti:
– ritardo nell’acquisizione del linguaggio
– basse performance accademiche e livello di istruzione scadente
– riduzione dello stato di salute psico-sociale
– scarse capacità adattative.
Gli effetti che la neuropatia/dissincronia uditiva produce sull’apprendimento del linguaggio e sviluppo della comunicazione uditivo-verbale sono ancora poco noti. Casistiche retrospettive di pazienti affetti da questa particolare condizione morbosa sembrano indicare che a parità di soglia uditiva questi soggetti conseguono risultati percettivi e linguistici peggiori dei pazienti affetti da ipoacusie cocleari (Rance, 2008).
Sono inoltre ancora poco conosciuti gli effetti di una ipoacusia monolaterale nello sviluppo delle abilità linguistiche e comunicative del bambino. Finora si è ritenuto che i bambini con ipoacusia monolaterale non necessitino di alcun trattamento, in quanto in grado di conseguire un pieno sviluppo di tali abilità ed un completo inserimento nella comunità udente.
Tuttavia, recenti studi sembrano indicare che questi pazienti presentano, rispetto ai pari età con normale udito bilaterale, peggiori performance nella comprensione e nella produzione verbale (Lieu JE, 2010). Tali risultati hanno generato un dibattito sul tema della riabilitazione uditiva di questi pazienti, che fino a pochi anni fa erano considerati a tutti gli effetti dei soggetti normo-udenti.
Fattori di rischio di sordità congenita
In un gruppo ristretto di neonati, il rischio di ipoacusia infantile permanente è significativamente più alto che nella popolazione generale (NIH, 1994; Vohr Br, 2000), per tale motivo esiste un consenso a sottoporre a screening questi neonati con modalità e programmi di follow-up audiologico differenti da quelli previsti per i neonati senza fattori di rischio.
La neuropatia uditiva è una entità clinica caratterizzata dalla presenza di OAE, che esprimono la corretta funzionalità delle cellule ciliate esterne, a fronte di assenza o importanti alterazioni del tracciato ABR, espressione di una dissincronia di eccitazione delle singole fibre del nervo cocleare. Questa mancata sincronizzazione nell’eccitazione delle fibre nervose originate nella coclea, a cui corrisponde la difficoltà dei potenziali elettrici neurali a strutturare un tracciato ABR, ha come conseguenza una disgregazione temporale dell’informazione uditiva, con effetti gravi sulla percezione verbale, anche in assenza d’ipoacusia. Questa condizione si considera attualmente come un disordine del sistema cellule ciliate interne-sinapsi-nervo acustico, con integrità delle cellule ciliate esterne. Da ciò deriva la necessità di eseguire, in presenza di fattori di rischio per neuropatia uditiva già nella prima fase, uno studio che preveda l’esecuzione sia delle A-OAE che delle A-ABR, dato che in questi neonati lo screening mediante le sole A-OAE potrebbe fornire risultati falsi negativi (pass), senza svelare la disfunzione di cellule ciliate interne-fibre neurali.
Attualmente non sono invece ben noti i fattori di rischio di neuropatia/dissincronia uditiva, anche se recenti studi (Kirkim, 2008; Lieu, 2010) hanno evidenziato come la maggior parte dei pazienti con questa patologia ha una storia di prematurità, basso peso alla nascita, o familiarità per neuropatia uditiva.
Da: Regione lazio , aprile 2013