L’enuresi notturna è un disturbo, più che una malattia, e consiste nella perdita involontaria e completa di urina durante il sonno in un’età (5-6 anni) in cui la maggior parte dei bambini ha ormai acquisito il controllo degli sfinteri. E’ un problema frequente che interessa il 10-15% dei bambini a 6 anni e che tende il più delle volte a risolversi spontaneamente (incidenza solo dell’1% negli adulti). Per enuresi notturna non si intende però la saltuaria e sporadica emissione di urine durante la notte, ma questo problema deve presentarsi con una certa frequenza (secondo alcuni autori è necessario un periodo di osservazione di almeno 2 settimane durante le quali il bimbo deve bagnare per almeno 3 volte a settimana, secondo altri l’osservazione va protratta per 3 mesi con almeno 2 notti bagnate alla settimana)
Nel bambino piccolo la vescica non ha ancora raggiunto una piena maturazione sia del volume di urina che è in grado di contenere, sia dei meccanismi che permettono al bambino di controllare la fuoriuscita della pipì.
L’enuresi si distingue in:
Primaria: quando il bimbo non ha mai acquisito il controllo notturno.
In questo caso l’enuresi si attribuisce a:
* Ipotesi patogenetiche.
Il tipo di aggregazione familiare del fenomeno suggerisce la presenza di fattori favorenti multigenici (il rischio quindi per un figlio di diventare enuretico sarebbe pari al 77% se entrambi i genitori sono stati enuretici, del 44% se solo uno dei genitori è stato enuretico, solo del 15% se nessuno dei due genitori è stato enuretico).
* Immaturità del controllo vescicale.
La minzione necessita di una stretta coordinazione tra detrusore vescicale, muscolatura liscia del collo vescicale (sfintere interno) e muscolo striato (sfintere esterno). Il raggiungimento del controllo completo di questo apparato è un “processo maturativo” che avviene per tappe. Nel corso di questo processo si verifica un conflitto tra la percezione dello stimolo minzionale e l’incompleta capacità di controllo dell’apparato vescico-uretrale. Questo conflitto è alla base del fenomeno dell’enuresi notturna.
* Deficit di ormone antidiuretico.
Un’altra ipotesi eziopatologica che ha riscosso molto successo è il riscontro nei soggetti enuretici di un deficit di ADH. Norgard per primo ha dimostrato che in una quota di soggetti con enuresi notturna primaria, viene persa la pulsatilità del ritmo circadiano dell’ADH, evidenziando un appiattimento del fisiologico picco notturno. In tal modo, viene a mancare la fisiologica concentrazione notturna di urina.
Entrambi i meccanismi possono essere presenti e prevalere in misura variabile da bambino a bambino.
* Dismorfismi della colonna.
Infine bisogna considerare la possibilità che l’enuresi notturna sia secondaria a dismorfismi della colonna vertebrale (in particolare la schisi vertebrale a livello dei processi spinosi di S1 o in minor misura di L5 e di S2). In questi casi si associa costantemente una vera e propria incontinenza urinaria diurna.
Secondaria: il bambino, dopo avere raggiunto il controllo della vescica per almeno 6 mesi, ha ripreso a fare la pipì a letto.
Può dipendere da particolari situazioni emotive e stressanti (ad esempio la nascita di un fratellino, l’inserimento a scuola, tensioni familiari…).
Sintomatica: in questo caso l’enuresi compare come conseguenza di una malattia ad esempio un’infezione urinaria o altre patologie.
In età pediatrica vi è una prevalenza nel sesso maschile, ma tale differenza scompare in età adulta. La caratteristica di avere un sonno molto profondo è comune ai bimbi enuretici.
L’enuresi si presenta più facilmente dopo i cinque – sei anni , ma l’età più giusta per prendere in considerazione un trattamento è dopo i 7 anni. Può essere opportuno ricorrere al trattamento anche di quei bambini che, pur non presentando il problema frequentemente, avvertono un significativo disagio soggettivo e compromissione delle normali attività di socializzazione.
Nella maggior parte dei casi il bambino ha problemi solo la notte, ma spesso sono presenti sintomi urinari anche di giorno: aspetta l’ultimo istante per andare a fare la pipì, bagna le mutandine, urina troppo spesso o troppo raramente, non svuota completamente la vescica, si accovaccia e stringe le gambine per trattenere la pipì.
L’enuresi è una patologia che si risolve, nella quasi totalità dei casi, spontaneamente ma non esistono elementi clinico-anamnestici che permettano di prevedere se e quando avverrà la “risoluzione spontanea”., Gli interventi che vengono attuati sono tesi ad accelerare la maturazione del controllo della vescica e/o a ridurre il volume totale di liquidi che arrivano alla vescica durante la notte. Il fine è quello di permettere al bimbo di condurre una vita normale affinché non debba per esempio rinunciare ad occasioni quali campeggi, gite scolastiche, di socializzare e dunque di evitare che il bambino possa manifestare un disagio a livello psicologico. La terapia può essere di 2 tipi, farmacologica o comportamentale: sta al medico decidere quale sia più adatta al singolo paziente.
Farmaci:
• In casi selezionati si può ricorrere alla desmopressina (DDAVP, una sostanza simile all’ormone antidiuretico naturale ADH). Va somministrata in compresse, la sera, mentre la formulazione in spray nasale, usata in passato, non è più indicata in questo disturbo. La DDAVP permette di abbassare la produzione di urina da parte del rene e quindi di ridurre il rischio di perdita involontaria di pipì. Fondamentale è che alla medicina si accompagni una ridotta o nulla assunzione di liquidi la sera (da almeno 1 ora prima fino a 8 ore dopo l’assunzione della compressa).
• Se il problema si verifica anche di giorno possono essere utili i farmaci anticolinergici che aumentano la capacità di contenere l’urina nella vescica. E’ inoltre necessaria una rieducazione del bambino ad un corretto svuotamento della vescica.
Tecniche comportamentali:
.La rieducazione minzionale” è una tecnica usata per l’emissione diurna: una specie di ginnastica per abituare la vescica a svuotarsi nei tempi e modi corretti. Analogamente si dovrà risolvere una eventuale stitichezza se associata.
Spiegare al bambino che non appena sente il bisogno di fare pipì deve andare in bagno e, se come il più delle volte accade si rifiuta, programmare almeno 6 momenti della giornata in cui portarvelo.
Questo lo aiuta a prendere coscienza della propria capacità di controllare lo stimolo.
Invitarlo a svuotare completamente la vescica: non accontentarsi di poche quantità di urina. Molte volte il bimbo pensa di avere esaurito la minzione rapidamente e dopo la prima “spinta”: invitarlo invece a non avere fretta e ad aspettare che tutta la pipì sia uscita.
Per le femmine è importante urinare a gambe ben aperte senza mutandine o con queste ben abbassate.
Bibliografia essenziale:
Panizon F, Medico e Bambino 1996; 15: 666
Peratoner L, Medico e Bambino 1999; 18:623-5
De Gennaro M, Congresso Nazionale della Società Italiana di Urodinamica, 2004
AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco