|
Solo il 10% delle donne che hanno avuto il loro primo bambino è consapevole del legame tra le allergie e il modo in cui viene nutrito il bebé durante il primo anno di vita. Lo rivela un nuovo studio dell’Università di Turku, in Finlandia, presentato in occasione del congresso dell’Accademia europea di Allergologia e immunologia clinica a Istanbul.Nonostante sia ampiamente accettato nella comunità scientifica e medica che l’allattamento al seno e l’esclusione di cibi solidi fino ai primi quattro-sei mesi facciano bene alla salute del piccolo, questo messaggio stenta a raggiungere efficacemente le nuove mamme, aumentando il rischio di aumento dei bambini allergici. Lo studio, condotto da Kirsi Laitinen e colleghi in collaborazione con centri di cinque Paesi (Finlandia, Inghilterra, Germania, Ungheria e Spagna) si è svolto intervistando un gruppo di primipare nelle settimane successive al parto, per capire il livello di conoscenza del ‘link’ esistente fra alimentazione da neonati e salute da adulti. Alla domanda di carattere generale, e cioé ‘sai che il modo in cui alimenti il tuo bebé influisce sul suo benessere futuro?’, quasi tutte le mamme si sono dette d’accordo. Ma solo il 10% è a conoscenza del fatto che, in particolare, il modo in cui il bambino è nutrito è legato alla possibilità di sviluppare un’allergia alimentare. Per gli esperti è dunque necessario che gli operatori sanitari aiutino le donne ad aumentare il livello di conoscenza sull’argomento e ad adottare l’allattamento al seno.
Per consultare articolo Finlandese clicca:
http://www.researchgate.net/profile/Kirsi_Laitinen
Fonte :Adnkronos
La meningite da meningococco B rappresenta il 60-70% dei casi totali di meningite epidemica nel nostro Paese. La stessa prevalenza è peraltro condivisa nella maggior parte dell’Occidente. In Italia ogni anno vengono notificati 300 casi l’anno, con un tasso di letalità del 15% nonostante il trattamento, dato piuttosto alto. In assenza di terapia antibiotica può però arrivare anche al 50%. Gli altri ceppi A, C, W, Y135, costituiscono il restante 30-40% dei casi. Sono molto più diffusi in Asia e Africa. Ora è disponibile il nuovo vaccino efficace contro la meningite B. A Siena la ditta Novartis , è riuscita, grazie all’utilizzo di una tecnica innovativa – la reverse vaccinology – a mettere a punto un vaccino partendo dal genoma del batterio. I profili di tollerabilità e immunogenicità del nuovo vaccino sono stati valutati in un ampio programma clinico . Sul farmaco approvato dalla Commissione Ue è stato da poco concluso lo studio clinico di fase III, i cui risultati sono stati pubblicati alla rivista Lancet: il vaccino è stato testato su 3.630 bambini a 2, 4 e 6 mesi in concomitanza con le vaccinazioni di routine (vaccino 7-valente pneumococcico glicoconiugato e vaccino combinato contro difterite, tetano, pertosse acellulare, polio inattivato, epatite B e Haemophilus influenzae tipo b) dimostrando una risposta immunitaria protettiva e un profilo di sicurezza accettabile. È stata anche osservata una robusta risposta immunitaria nei bambini (1.555) che hanno ricevuto una quarta dose al dodicesimo mese di vita. A novembre, il vaccino aveva ricevuto il parere positivo da parte del Comitato per i medicinali per uso umano dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema) e si attendeva il pronunciamento della Commissione europea, immediatamente valido in tutti i Paesi dell’Unione.
“La prospettiva di un nuovo vaccino che possa aiutare a prevenire il meningococco B rappresenta l’innovazione che stavamo aspettando da oltre 10 anni – commenta Susanna Esposito, direttore della Clinica pediatrica I alla Fondazione Irccs Ca’ Granda ospedale Maggiore Policlinico di Milano, presidente della Società italiana di infettivologia pediatrica e membro dei Comitati per la ricerca clinica e per l’attività assistenziale della European Society for Pediatric Infectious Disease (Espid) -. Noi abbiamo partecipato allo studio clinico di fase III con 500 bambini ed è stata un’esperienza molto positiva. Abbiamo diviso i bambini in gruppi: alcuni sono stati vaccinati a 2, 4 e 6 mesi, altri a 6, 8 e 12 mesi e altri a 12 mesi con due dosi. Alcuni pazienti vengono poi richiamati a 4 anni per un’ulteriore dose. Il nostro obiettivo è capire la persistenza dell’immunità nel tempo: la copertura vaccinale dura dieci anni e potrebbe essere utile rinnovarla nei bambini grandi per i quali si moltiplicano le occasioni di contagio.Lo scorso anno – prosegue Esposito – abbiamo svolto un’indagine su 1.500 ragazzini e il meningococco B era il più rappresentato, grazie anche al fatto che il vaccino contro il C è inserito nel programma nazionale di vaccinazioni. Il meningococco Y, ben presente negli Stati Uniti, sta emergendo anche in Italia, soprattutto nei bambini più grandi. Dunque potrebbe aver senso pensare di fare un richiamo intorno ai 10 anni con il vaccino tetravalente coniugato che copre dai meningococchi A, C, Y e W135».
Le autorevoli società scientifiche Fimp, Sip, e Fimmg propongono l’inserimento del nuovo vaccino tra quelli offerti attivamente e gratuitamente ai lattanti. Anche i bambini italiani potranno pertanto essere protetti dal rischio della meningite meningococcica B: l’Agenzia Italiana del Farmaco ha infatti autorizzato il rilascio sul mercato del primo lotto del vaccino Novartis contro la malattia meningococcica da sierogruppo B . Il vaccino è ora disponibile anche nel nostro Paese, dopo essere stato rilasciato in Francia, Regno Unito e Germania. “Purtroppo, soprattutto in questo periodo si pone un problema di costi – spiega Esposito – e va sempre valutato il rapporto costi-benefici, anche il relazione al fatto che il programma vaccinale per i bambini è già molto ricco e dunque si pone un problema di possibili effetti collaterali dei diversi vaccini che vengono somministrati. In ogni caso il piano in vigore permette di inserire nuovi vaccini: vedremo cosa succederà”. «Adesso abbiamo la possibilità di ridurre consistentemente l’impatto della malattia meningococcica nella popolazione infantile attraverso la vaccinazione, unico strumento in grado di proteggere da questa terribile infezione e di salvare molti giovani vite» ha dichiarato Michele Conversano, presidente della Società Italiana di Igiene, Sanità Pubblica e Medicina Preventiva (SItI).
Attenzione dovrà essere rivolta ad evitare le co-somministrazioni del vaccino anti-meningococco B con altri vaccini, visto l’incremento delle febbri di grado moderato/elevato conseguente alla co-somministrazione, ma non riscontrabile dopo la sola vaccinazione contro meningococco B. Bisognerà inoltre associare negli stessi individui, a tempo debito, per evitare sovrapposizione, la vaccinazione contro i ceppi A, C, W, Y135 di meningococco. In questo caso attuare nella popolazione una protezione unicamente contro il ceppo B potrebbe determinare un’espansione nella diffusione dei ceppi ora meno prevalenti, in quanto non contrastati da uno stato di immunizzazione specifica.
Per saperne di più, si può consultare questo studio , “tecnico” , pubblicato nel 2013:
http://www.ijph.it/pdf/90/115.pdf
L’aumentata prevalenza in tutto il mondo di patologie allergiche in età pediatrica è stata correlata all’aumentata esposizione
ad inquinanti ambientali ed ai processi di urbanizzazione, soprattutto nei paesi industrializzati. L’aumento delle temperature
registrato negli ultimi anni è responsabile dell’anticipo della stagione pollinica primaverile, del prolungamento del periodo
di fioritura, dell’aumentata produzione di pollini e del cambiamento delle aree di diffusione delle principali specie di piante,
con effetti importanti sulla salute, specie nei soggetti affetti da pollinosi. Tra gli inquinanti ambientali interni il fumo di tabacco,
i miceti e l’umidità, gli allergeni domestici (acari della polvere, alternaria, blattella e derivati epiteliali di cane e gatto)
rappresentano i principali fattori di rischio per asma in età pediatrica. È importante avviare piani di azione volti a ridurre i
rischi ambientali per la salute dei bambini e favorire lo sviluppo dell’informazione sul tema ambiente e salute.
Per leggere l’articolo completo Cliicare il seguente link:
http://www.siaip.it/upload/riap/1638_inquinanti_ambientali_allergie.pdf
Continui risvegli, pianti, incubi notturni, paura del buio. Circa il 20-25% dei bambini da zero a 3 anni d’età, nei Paesi occidentali, presenta disturbi del sonno. Una percentuale che sembra addirittura in aumento, anche a causa della diffusione di giochi al pc, televisione, video-game. Eppure durante il riposo l’organismo risparmia energia e riorganizza tutte le sue attività metaboliche e funzionali. Lo ricordano gli esperti dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, in vista della Giornata mondiale del sonno, organizzata il 14 marzo dal World Sleep Day Committee dell’Associazione mondiale di medicina del sonno. Per dare supporto anche sui disturbi del sonno dei più piccoli, dunque, al Bambino Gesù di Roma sono attivi da tempo l’Ambulatorio prima infanzia e lo Sportello del neonato: l’uno con approccio psicologico, l’altro prevalentemente clinico. Nonostante la maggior parte dei disagi nel dormire si possano prevenire o curare, “meno di un terzo delle persone afflitte da questi disturbi si rivolgono al medico”. Nella sede di San Paolo Fuori le Mura, l’Ambulatorio per la prima infanzia interviene con approccio psicologico su ogni genere di alterazione del ritmo sonno-veglia: dal risveglio notturno per il prolungato allattamento al seno (oltre i 7 mesi), fino a quello dettato dai cambiamenti fisiologici nella vita del bambino. L’ambulatorio si occupa anche di problematiche legate all’addormentamento, poiché è in questa fascia di età che il bambino dovrebbe iniziare ad addormentarsi da solo. Frequenti anche incubi notturni o risvegli agitati che richiedono la presenza del genitore vicino al bambino. Il Servizio di psicologia clinica interviene offrendo ai genitori e ai bambini la possibilità di un approfondimento ambulatoriale con incontri paralleli bambini-genitori in piccolo gruppo per affrontare il problema.Lo Sportello del neonato, invece, è un servizio gratuito, con aspetto clinico, attivo al Dipartimento di neonatologia, al Gianicolo. Si rivolge alle neomamme per sostenerle e supportarle nelle piccole e grandi problematiche di gestione quotidiana di un neonato. Oppure in caso di malattie croniche del piccolo, successive alla ospedalizzazione.
Più in generale, il disturbo nel dormire si manifesta se provocato da stati di ansietà, come ad esempio il divenire via via più consapevoli di se stessi o della relazione esistente fra i genitori. “Per disturbo nel sonno – spiega Cristiana De Ranieri, psicologia clinica del Bambino Gesù – si intende generalmente una difficoltà a godere di un riposo notturno sufficientemente lungo, naturalmente in relazione all’età del bambino. Questo genere di disturbi può riguardare la difficoltà ad addormentarsi, i risvegli frequenti, la faticosa ripresa del sonno, a volte con la presenza, ma non sempre, di manifestazioni di disagio emotivo: pianto, agitazione, inconsolabilità”. Una notte agitata può anche essere solo un segno di eccitazione per le conquiste del giorno appena trascorso. Durante il primo anno di vita i neonati dormono molto, ma ben presto riescono a stare svegli per periodi più lunghi che non saranno impegnati soltanto ad alimentarsi, ma anche ad essere accarezzati dai genitori, a guardarsi, sorridersi, a “parlare” con loro. Anche gli stati di ansia del secondo anno di vita, che provocano in molti bambini incubi e paure, sono segnali del processo di maturazione mentale e della immaginazione creativa e sono legate spesso ai primi distacchi. Intorno al terzo anno, poi, i bambini chiamano spesso i genitori dopo essere stati messi a letto o esprimono la paura del buio: è una fase normale nello sviluppo infantile e può essere legata alla consapevolezza della progressiva autonomia rispetto ai genitori. “Criticità che possono essere superate seguendo determinati accorgimenti. I genitori – prosegue De Ranieri – possono accompagnare l’evoluzione del sonno del bambino contenendone i lati emotivamente più forti: bisogna essere elastici, ma al tempo stesso mantenere anche posizioni ferme. Come per gli altri comportamenti, infatti, fornire un confine e dare una regolarità alle abitudini rispetto al sonno aiuta il bambino a sentirsi contenuto e dà continuità alle sue esperienze: tanto nel corso della giornata quanto durante la notte”. “Di fronte ad una modifica delle abitudini che riguardano il sonno – dichiara la psicologa del Bambino Gesù – chiediamo sempre quale possa essere l’elemento di “disturbo”, per esempio una nuova esperienza oppure un evento inatteso. Qualora una difficoltà nella sfera dell’addormentamento dovesse permanere a lungo nel tempo o assumere dimensioni incontrollabili tanto da ostacolare il sereno svolgersi della vita del bambino e della famiglia, o anche soltanto se i genitori dovessero sentirsi stanchi, confusi e senza risorse, potrà essere utile consultare uno psicologo dell’età evolutiva”.
I pazienti con la fibrosi cistica presentano una proteina anomala a livello dei canali del cloro presenti nelle cellule polmonari e questo, attraverso una serie di meccanismi, può favorire gravi infezioni polmonari. I nostri dati suggeriscono la capacità della nuova molecola di migliorare la funzionalità della proteina difettosa, consentendo ai canali del cloro di aprirsi e chiudersi in modo corretto”, commenta Steven M. Rowe, coordinatore della ricerca pubblicata sul New England Journal of Medicine.Già autrice di altri studi sull’argomento (2).
Un farmaco, il farmaco VX-770, capace di potenziare l’azione del canale del cloro difettoso a causa della mutazione G551D, è stato studiato in quasi 10 anni con un percorso di studi assai promettenti e siamo ora arrivati alle conclusioni di uno studio di fase III, quello più importante, con risultati molto stimolanti. Ricordiamo che la mutazione G551D è una mutazione di classe III: essa compromette la funzione di trasporto del cloro da parte della proteina canale che è arrivata matura alla membrana apicale delle cellule epiteliali ma è difettosa nella funzione: non consente cioè una regolare apertura del canale, impedendo così il passaggio di cloro (e di altri ioni) alla superficie esterna degli epiteli. A livello degli epiteli bronchiali questo comporta di conseguenza un difetto di afflusso di acqua e quindi disidratazione delle secrezioni bronchiali e compromissione dell’attività di detersione delle vie aeree e di difesa contro le infezioni.
Lo studio sopraccitato è stato condotto su 161 pazienti FC di oltre 12 anni, con almeno una mutazione G551D, che hanno ricevuto almeno una dose quotidiana per bocca di VX-770 o di placebo (è uno studio randomizzato e controllato contro placebo) per 24 settimane e seguiti per altre 24 settimane dopo la fine del ciclo di trattamento. Ancora non conosciamo i risultati in dettaglio dello studio (anche se in parte già anticipati nel recente congresso CF di Baltimora) ma la CF Foundation americana ci informa sulle principali conclusioni dello studio, comunicate anche alla stampa americana: alla fine delle 24 settimane di terapia i pazienti trattati con farmaco guadagnano in media 10,6 punti in percentuale nella funzione respiratoria espressa dal parametro FEV1 (differenza significativa rispetto al placebo); hanno minori esacerbazioni respiratorie, con riduzione dei sintomi respiratori; guadagnano peso. Questo è anche il primo farmaco che normalizza in media i valori del test del sudore, a dimostrazione che esso agisce veramente sul difetto di base della malattia. Questi risultati verrebbero, almeno in parte, mantenuti anche nelle 24 settimane che hanno fatto seguito alla sospensione del trattamento.
Ricordiamo che la mutazione G551D è presente nel 4% dei pazienti FC del Nordamerica e nei paesi anglosassoni in genere: in Italia è invece più rara. Sappiamo che vi sono ricerche in corso per studiare l’eventuale efficacia di questo farmaco anche in soggetti portatori di altre mutazioni, compresa la comune DF508, ma tali ricerche sono ancora in fase del tutto iniziale: c’è comunque speranza che VX-770 possa rappresentare, magari in combinazione con altri farmaci, una chance anche per molti altri pazienti.
La CF Foundation ci comunica che è la compagnia americana, la Vertex Pharmaceuticals, che ha prodotto e studiato il farmaco (con il contributo finanziario della Fondazione di circa 75 milioni di dollari) . La compagnia Vertex informa anche in una nota di agenzia che i costi per la realizzazione di questo farmaco sono stati enormi e che, dato il numero limitato di persone che lo potranno utilizzare, esso avrà un prezzo di decine di migliaia di dollari per anno per paziente (1).
- http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23440202
- http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa1105185
Leggevo sul noto settimanale “Panorama” della nuova tendenza di trattare e credere che i bambini siano piccoli adulti.Come cita testualmente l’articolo: “bambini usati dai genitori per apparire come loro vorrebbero, bambini ultra tecnologici che hanno perso il senso della realtà e della crescita regolare. Ma anche abbandonati dal punto di vista alimentare, tanto è vero che in Italia quindici bambini su cento tra i 6 e i 14 anni sono obesi, mentre il 30 per cento di quelli sovrappeso soffre di malattie come l’ipertensione e il colesterolo alto.
L’allarme è lanciato dalla Federazione italiana dei medici pediatri (Fimp ), riunita in congresso a Genova. “Come giocattoli in vetrina” è il tema scelto dai pediatri: i piccoli oggi si presentano e si comportano come piccoli adulti. Qualcosa ha reso indistinto e confuso il confine tra età infantile ed età adulta ed ha indebolito il guscio che proteggeva i bambini. “Molti genitori desiderano realizzare nel figlio quello che essi avrebbero voluto per se stessi bambini: un mondo facile, che accarezzi le dipendenze e illusioni diffuse con la pubblicità – sottolinea a Panorama.it,Giuseppe Mele, presidente Fimp -. Gli adulti hanno trasformato l’idea dell’infanzia da un’età che richiede cura e protezione, ad una che ne possa giustificare il tentativo mostruoso di abbandono”.
Un altro dato emblematico: aumentano le bambine che iniziano ad utilizzare i cosmetici già dall’età di 7-8 anni. L’utilizzo precoce del make-up, se da un lato porta ad un incremento consistente delle dermatiti allergiche o da contatto (+16,7%), dall’altro può innalzare il rischio della perdita di identità. “È un fenomeno ormai diffuso, non si tratta più di una moda passeggera – aggiunge Mele -. Come Federazione, monitoriamo con grande attenzione il sito MyScene.com , un portale seguitissimo, dove si consiglia il ragazzo su come vestirsi, cosa indossare. E si invitano bambine, anche di 9 anni, a truccarsi in un determinato modo”.
I bambini sono sempre stati, e sempre lo saranno , oggetto di marketing. Una volta era per pannolini, latte in povere e acqua purissime, pubblicità passata indirettamente alle mamme , ora la pubblicità è immediata, diretta ai più piccoli e riguarda tutto, dai videogiochi ai tablet, dai vestiti alla moda alla programmazione televisiva di telenovelas per piccoli.
Abbiamo oramai dei “piccoli adulti” che si vestono alla moda, navigano sul web, usano i social network e gestiscono con troppa disinvoltura il cellulare, anche a scuola.
Risultato : i bambini stanno sparendo….per far posto ai “piccoli adulti” che non giocano, come un bambino dovrebbe fare, non studiano ma navigano e scrivono sms in una lingua spesso sconosciuta, si sentono già cresciuti e spesso soli, perchè i veri adulti dove sono??
Da qui i problemi del sovrappeso, accennato all’inizio dell’articolo, per un’ alimentazione sbagliata o usata come un surrogato di quello che manca al bambino, in senso di comprensione e appoggio da parte di un adulto, oppure atteggiamenti violenti o lontani dal senso comune del vivere per mancanza di modelli validi.
Qualcuno dirà che sono modelli superati, stereotipati , che la società si evolve,che i valori, i modelli cambiano… ma il valore intrinseco della fanciullezza, dell’essere “bimbo” è superiore alle mode, alle voglie dei genitori di proiettare nei figli, e realizzarle, quelle aspettative che avrebbero volute per se stessi.
La nota emersa dal congresso della Fimp (federazione medici pediatri) è questa: sottolineare e valorizzare il ruolo centrale dell’ “essere bambino” oggi .Dare un segnale ai genitori : aiutare la crescita dei vostri figli senza condizionamenti o pressioni nel rispetto dei loro tempi di crescita , fisica e mentale.
L’acido folico è una sostanza molto importante per la produzione dei globuli rossi del sangue e per la formazione del tessuto del sistema nervoso centrale. Numerosi studi hanno dimostrato che una sua carenza può causare nel feto problemi al tubo neurale, cioè a quella struttura da cui nascono la spina dorsale, il midollo spinale e il sistema nervoso.
La conseguenza più temibile di questa carenza è la “spina bifida“, una malformazione congenita in cui parte del midollo spinale fuoriesce (come un’ernia) attraverso un difetto della parte posteriore ossea della spina dorsale, in genere situata nella regione lombo-sacrale, subito sopra il sederino.
Il fabbisogno giornaliero di acido folico di una donna è in genere di circa 200 microgrammi, ma in gravidanza sale notevolmente arrivando a 600-700 microgrammi. L’acido folico, sotto forma di sostanze chiamate folati, si ritrova in numerosi alimenti di origine vegetale come i legumi, la frutta secca (noci, nocciole, mandorle), gli ortaggi (soprattutto cavoli, barbabietole, asparagi, spinaci, verze, cavolini), i cereali integrali, il lievito di birra.
Il fabbisogno quotidiano è tuttavia difficile da raggiungere in gravidanza per cui è necessario un supplemento farmacologico.
È bene iniziare ad assumere acido folico anche quando si programma una gravidanza (qualche mese prima del concepimento) e continuare almeno fino al terzo mese di gestazione, perché il periodo di maggiore rischio per l’insorgenza della spina bifida sono proprio i primi tre mesi.
Per consultare Le raccomandazioni del Network Acido Folico, clicca il seguente kink:
http://www.spinabifidaitalia.it/uploaded_files/attachments/201104051302021253/acido_folico_raccomandazione.pdf
La prevenzione e’ da sempre in medicina un target al quale ogni buon medico deve mirare.Prima di curare, di intervenire bisogna prevenire cioe’ fare un’ azione preventiva atta ad evitare la malattia, come test di screening, vaccinazioni, diagnosi prenatali e comportamenti e stili di vita. A tal proposito il Presidente della Fimp ( Federerazione Italiana Medici Pediatri) ha rilasciato la seguente dichiarazione:
“Qualsiasi Governo” e in particolare il ‘neonato’ esecutivo italiano, fra l’altro il più giovane di sempre, “dovrebbe puntare sulla prevenzione, che inizia dalla più tenera età. E questo perché avere bimbi sani significa che gli adulti di domani saranno sani, e questo genera anche un risparmio economico” per lo Stato , a margine della conferenza di ‘preparazione’ all’8° Congresso nazionale Fimp, in programma dal 2 al 4 ottobre a Milano.
Secondo Chiamenti il nuovo Governo italiano dovrebbe dunque, come prima cosa, “aumentare le risorse dedicate alla prevenzione, per prevenire le malattie infettive, per una corretta alimentazione, per affrontare i problemi sociali che oggi riguardano sempre più famiglie. Se in passato come pediatra dedicavamo il nostro tempo soprattutto alle visite, oggi queste ultime rappresentano solo il 30% dell’attività, mentre per il 70% il pediatra si dedica ai problemi relazionali nelle famiglie. Se oggi lavorano sia la madre che il padre, il più delle volte quando rientrano a casa e si dedicano ai figli sono attanagliati dai sensi di colpa e tendono ad accontentare in tutto i piccoli. Questo è sbagliato, occorre recuperare il valore del ‘no’. Inoltre le disgrafie, le dislessie, l’iperattività – spiega l’esperto – hanno origine nella prima infanzia e bisogna rilevarne i segni precocemente per affrontarle al meglio”. Secondo Chiamenti, il Governo può “puntare su una risorsa ‘chiave’, unica nel panorama europeo, che è il pediatra di famiglia”.
Ma il panorama in cui il pediatra opera oggi è cambiato: alcuni farmaci di uso quotidiano sono pressoché scomparsi, interventi routinari oggi sono obsoleti, malattie quali il morbillo, la malattia reumatica e l’epiglottite non sono più malattie temute e mortali, anzi sono quasi prossime alla eradicazione grazie alla prevenzione, a nuovi medicinali e ausili diagnostici innovativi. “Possiamo solo ipotizzare come cambierà il nostro lavoro nei prossimi decenni – rileva la Fimp – Probabilmente, grazie alla ricerca su base genetica, ciascuna malattia avrà una propria eziologia e un trattamento ottimale. Valuteremo, classificheremo e adatteremo la terapia per i disturbi del comportamento, dall’autismo all’Adhd, con nuove metodologie che renderanno anacronistico lo standard attuale. La semeiotica, un tempo strumento di diagnosi di molte malattie, sarà sostituita da un crescente supporto tecnologico. Già oggi la cartella clinica elettronica è entrata a far parte del quotidiano del pediatra e questo è solo il primo passo verso la dematerializzazione e la registrazione elettronica dei dati che porterà a migliorare l’efficienza e a ridurre gli errori in medicina”.
La pediatria, evidenziano gli esperti, “sarà chiamata a prendere posizione su grandi controversie, quali l’uso di farmaci per ‘migliorare’ il Qi, l’umore, le prestazioni fisiche, lo stato di benessere. Le evidenze dimostreranno che molte condizioni borderline non sono vere patologie; scopriremo che l’obesità è caratterizzata da molti sottotipi genetici diversi e alcuni rispondono alle restrizioni dietetiche meglio di altri. Le resistenze antibiotiche diventeranno un problema crescente, soprattutto perché sempre meno nuovi farmaci sono disponibili per i bambini: il numero di nuovi prodotti destinati ai bambini è in diminuzione rispetto a quelli studiati per gli anziani, la nuova frontiera sarà quella delle cure personalizzate. La maggiore evoluzione sarà nel campo dei vaccini: molti diventeranno orali o intranasali riducendo il numero delle iniezioni necessarie”.
Ma “lo stato di benessere dei bambini nella nostra società dipenderà strettamente dalle politiche sociali e dal sostegno alla famiglia che la società saprà garantire, contrastando le crescenti difficoltà economiche”, considerando anche che “i bambini, sempre di meno e sempre più preziosi, ora più che mai, nascono in grande maggioranza dalle famiglie più povere, che abitano nei quartieri più popolari, che debbono fronteggiare ogni forma di svantaggio economico, sociale e culturale”.
Fonte : AdnKronos
|
|