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Sono numerosi i fattori che possono ritardare il corretto inquadramento diagnostico e la definizione di un percorso terapeutico-assistenziale della patologia: la mancanza di conoscenze adeguate da parte dei medici spesso collegata alla estrema rarità della malattia, la presenza di segni clinici individualmente non diagnostici, l’assenza o la limitata disponibilità di test diagnostici, la frammentazione degli interventi, l’inadeguatezza dei sistemi sanitari. Di questo importante tema di salute pubblica e prevenzione neonatale si è parlato nell’ambito della tavola rotonda ‘Screening Metabolico Neonatale Allargato’, organizzata dalla Società Italiana di Pediatria, cui hanno partecipato numerosi esponenti del mondo scientifico (SIMMESN, SIN, SIMGePed), rappresentanti dei pazienti (UNIAMO), con il contributo incondizionato di Recordati Orphan Europe. “Siamo partiti proprio da un’analisi dei bisogni dei pediatri per capire le loro necessità informative su questo tema – afferma il professor Giovanni Corsello, presidente della Società Italiana di Pediatria (SIP) – Nella recentissima ricerca che abbiamo effettuato emerge che i pediatri in Italia hanno un livello elevato di consapevolezza del problema e della grandi opportunità di prevenzione che lo screening neonatale offre. Hanno l’esigenza di maggiori informazioni su come mettere in rete le nuove tecniche diagnostiche, di cura e di prevenzione, e in particolare esprimono la necessità di saperne di più sullo screening delle malattie metaboliche ereditarie”.
Vademecum per il pediatra. Un passo avanti per soddisfare tali necessità dando un concreto contributo allo sviluppo della conoscenza sull’argomento viene dal volume ‘Screening Neonatale Metabolico Allargato: Vademecum per il pediatra’, a cura del professor Alberto Burlina, Direttore U.O.C. Malattie Metaboliche Ereditarie, Centro Regionale Screening Neonatale Allargato dell’Azienda Ospedaliera -Università di Padova, realizzato con il contributo incondizionato di Recordati Orphan Europe. “Lo scopo di questa pubblicazione è di facilitare in modo pratico le conoscenze sullo screening neonatale allargato delle malattie metaboliche ereditarie – afferma il professor Alberto Burlina – La prima parte è dedicata ai principi dello screening neonatale allargato con particolare attenzione alle malattie suscettibili di screening. Al momento non vi è una legge nazionale ma solo delibere regionali, e pertanto ho contemplato un elenco di malattie metaboliche ereditarie che possono essere identificate in modo da fornire una guida più completa possibile”. Il volume presenta le malattie elencate non per fisiopatologia ma per aumento o riduzione del metabolita ‘screenato’. Vengono inoltre forniti in sintesi brevi cenni di fisiopatologia e il primo intervento sia clinico che diagnostico. E’ stato inoltre introdotto, nei limiti delle conoscenze attuali, l’outcome della patologia nel paziente diagnosticato precocemente. Il Vademecum sarà fornito da Orphan Europe su richiesta. “E’ importante sottolineare che lo screening è solo una tappa di un processo, che necessita poi di conferma diagnostica immediata e di un successivo intervento – precisa il prof. Burlina – Questo strumento è un alleato prezioso per il pediatra, poiché può consentire un intervento preventivo ed efficace prima ancora dell’espressione clinica di patologie spesso subdole e letali; ci auguriamo che questo Vademecum, pur nella sua essenzialità, possa fornire una chiave di lettura immediata del risultato dello screening, per aiutare il pediatra ad avviare un corretto processo diagnostico e di presa in carico del bambino”.
Lo screening metabolico allargato. “E’ una opportunità di prevenzione per le malattie metaboliche ereditarie che va assicurato a tutti i neonati del nostro paese. Le differenze notevoli di offerta da parte delle varie Regioni creano disparità e differenze che hanno conseguenze rilevanti non solo sul piano clinico e assistenziale, ma anche sociale ed etico – sottolinea il prof. Corsello – Per raggiungere questo risultato, è necessario che si crei una sinergia vera tra operatori sanitari, istituzioni nazionali e regionali, aziende sanitarie, famiglie e media per identificare i percorsi gestionali e organizzativi che consentano di superare le barriere esistenti e di programmare gli interventi necessari. Vanno messi in opera non solo i passaggi finalizzati alla identificazione in epoca neonatale della malattia metabolica, ma anche quelli correlati con le fasi diagnostiche, terapeutiche e abilitative che si aprono dopo ogni conferma diagnostica lungo tutta l’età evolutiva e oltre. Da questo percorso, fatto di piani assistenziali individualizzati, integrati tra centri di riferimento ospedalieri, pediatri di famiglia e servizi territoriali derivano le garanzie di salute per bambini con patologie croniche, complesse e rare come le malattie oggetto dello screening metabolico allargato”. “Recordati Orphan Europe, nell’ambito dell’impegno per il miglioramento della cura e dell’assistenza dei malati rari, ha sostenuto la pubblicazione di questo volume per dare un contributo concreto alla diffusione e alla crescita di una cultura dello screening neonatale valorizzando il ruolo del pediatra in fase di diagnosi – conclude Paolo Sala, Country Manager di Orphan Europe – Siamo orgogliosi di poter partecipare a questo grande progetto che può migliorare la qualità della vita di tanti bambini e delle loro famiglie”.
Da: Libero.it
Un recentissimo lavoro di A. Fielder, uno degli oculisti più impegnati nel trattamento della ROP, riporta dati molto interessanti e preoccupanti relativi alle alterazioni strutturali e funzionali dell’occhio del pretermine affetto da ROP. [Fielder A, Blencowe H, O’Connor A, Gilbert C. Impact of retinopathy of prematurity on ocular structures and visual function. Arc Dis Child Fetal Neonatal Ed 2014. Doi:10.1136/archdischild- 2014-306207. L’occhio del neonato pretermine cresce in un ambiente non idoneo e subisce stimoli non dovuti. Per questo motivo cresce in modo non normale e miopia, astigmatismo, ipermetropia e anisometropia ne sono frequenti conseguenze. Tuttavia, mentre una ROP lieve non aumenta i problemi oculari, una ROP grave, soprattutto se sottoposta a trattamento laser, può aggravare in modo significativo tali alterazioni strutturali e funzionali. Tali dati devono indurre ad un accurato e prolungato follow-up di tali neonati oltre che all’attuazione di ogni sforzo possibile per prevenire tale patologia.
Sul sito ufficiale della Pediatria Italiana c’e’ un interessante articolo del Prof.Bertino dell’ Università degli studi di Torino sul fattore protezione del Latte Umano contro le Infezioni neonatali, come difese passive. Stessi argomenti e studio similare è stato riportato dall’APP nel 2012.Riporto l’articolo integrale:
Disponiamo oggi di conoscenze sempre più approfondite in base alle quali è possibile considerare il latte umano oltre che un alimento un sistema biologico “dinamico”. Particolare interesse viene rivolto a specifici fattori bioattivi che possono fra i vari effetti, non solo garantire all’ospite adeguate difese passive contro le infezioni, ma anche modulare in modo attivo la risposta immunitaria e modificare in modo favorevole la flora batterica intestinale. Sono stati presentati al Congresso Italiano di Pediatria i risultati di alcune recenti ricerche condotte presso la Terapia Intensiva Neonatale dell’Università di Torino in collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche che hanno messo in evidenza in modo particolare le concentrazioni e le modificazioni nel latte umano di due componenti, oligosaccaridi e glicosaminoglicani, il cui ruolo biologico anti-infettivo si sta delineando con sempre maggiore evidenza. In particolare le concentrazioni di questi due componenti sono maggiori nel latte delle donne che hanno avuto un parto pretermine e, in generale, nel primo latte prodotto anche dopo un parto a termine, cioè nel latte destinato a soggetti in cui le difese immunitarie sono ridotte.
L’American Academy of Pediatrics ha pubblicato nel 2012 un Policy Statement sui benefici della nutrizione con latte materno. Nel documento è evidente che, se si considerano solo le patologie per cui il rischio a breve o a lungo termine si riduce di oltre il 50% negli allattati con latte materno, ad esclusione del morbo celiaco si tratta di tutte patologie infettive (otite media, infezioni delle alte e basse vie respiratorie, bronchiolite da RSV, gastroenterite) e della enterocolite necrotizzante del pretermine. Di particolare interesse sono tre meta-analisi pubblicate successivamente, che hanno considerato in modo specifico le infezioni respiratorie e gastrointestinali. Sebbene riguardanti studi eseguiti in setting diversi (Nord Europa, Paesi in via di sviluppo e Paesi industrializzati) queste tre meta-analisi concordano nell’evidenziare un effetto protettivo del latte umano verso le infezioni gastrointestinali e respiratorie. Le evidenze scientifiche degli effetti favorevoli dell’allattamento materno sulla prevenzione delle gastroenteriti costituiscono oggi una delle prove più solide in epidemiologia clinica, pari a quelle sull’associazione fra fumo di sigaretta e tumore al polmone.
Le infezioni gastrointestinali e respiratorie costituiscono oggi a livello mondiale la principale causa di morbilità e mortalità in età pediatrica al di sotto dei 5 anni. È stato stimato che nel 2011 si sono verificate 1,3 milioni di morti per polmonite e 700.000 per diarrea. Da notare che il 72% dei decessi per diarrea e l’81% di quelli per polmoniti è avvenuto nei primi 2 anni di età. In particolare la morbilità per diarrea sotto i 6 mesi d’età negli allattati al seno è ridotta del 63%, mentre il rischio di ospedalizzazione per infezioni delle vie respiratorie è ridotto del 59%. L’effetto protettivo del latte materno vs. formula osservato è dose-dipendente, con particolari vantaggi per l’allattamento esclusivo nei primi sei mesi. Questo sottolinea il ruolo rilevante di una adeguata nutrizione nei primi mesi di vita, nei quali l’allattamento al seno costituisce elemento prioritario. Da notare che l’attacco precoce al seno entro le prime 24 ore di vita riduce nei primi 28 giorni il rischio di mortalità per sepsi del 58%, come osservato dal Department of International Health, Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora in una recente meta-analisi in Paesi non industrializzati. Per quanto riguarda il latte umano di banca sappiamo che la pastorizzazione modifica in parte le caratteristiche nutrizionali e immunologiche del latte, sebbene, come risulta dagli studi dell’Università di Torino e di Ancona, alcuni componenti come gli oligosaccaridi e i glicosaminoglicani non risultino alterati dalla pastorizzazione mantenendo quindi almeno in parte una plausibilità biologica di efficacia del latte di banca sulle infezioni. Come sottolinea un recente documento dell’ESPGAN attualmente tuttavia le uniche evidenze cliniche su questi aspetti sono limitate ad una protezione dall’enterocolite necrotizzante neonatale.
Tutte le informazioni cliniche sulle patologie infettive supportano quindi le raccomandazioni della AAP, dell’OMS e dell’Institute of Medicine per un attacco precoce al seno e una durata esclusiva dell’allattamento al seno nei primi sei mesi, che è stata negli ultimi anni oggetto di dibattito. L’Healthy People 2020 ha posto come obiettivo per l’anno 2020 il raggiungimento di una percentuale pari al 25,5% di allattamento esclusivo al seno a 6 mesi di vita. Negli Stati Uniti, secondo i dati dei CDC riferiti al 2010, la percentuale di allattamento esclusivo a 6 mesi è stata del 16,4%; in Italia non esistono dati nazionali sull’allattamento al seno ma solo dati parziali a livello regionale, difficilmente aggregabili. La stima per l’allattamento esclusivo al seno a 6 mesi del VI Rapporto di Aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza in Italia ‒ 2012-2013 è intorno al 5%, anche se i dati di una ricerca attualmente in corso in 9 Regioni italiane per valutare l’efficacia dei 7 Passi dell’iniziativa “Comunità Amica dei Bambini” mostrano a 6 mesi valori lievemente superiori (10% e 7 % rispettivamente nelle 24 ore e nei 7 giorni precedenti). È quindi evidente la necessità di proseguire il percorso avviato dalle Società scientifiche, in particolare per l’Italia dalla SIN e dalla SIP, di protezione, promozione e sostegno dell’allattamento al seno anche come strategia prioritaria nella prevenzione delle infezioni in età pediatrica.
Fonte pediatria.it
Fondamentale per l’obesità infantile è la mancanza di sonno. Chi dorme meno mangia di più, e viceversa. Almeno secondo i risultati di uno studio condotto da Chantelle Hart, del Centro di ricerca sull’obesità della Temple University di Philadelphia, pubblicato su ‘Pediatrics’, che esamina l’impatto del sonno sui comportamenti alimentari dei bambini, manipolando la quantità di riposo dei piccoli soggetti monitorati.
Lo studio, condotto mentre Hart era al Miriam Hospital e all’Alpert Medical School della Brown University, ha coinvolto 37 bambini di 8-11 anni, il 27% dei quali in sovrappeso oppure obeso. Per la prima settimana di studio i bambini sono stati invitati a dormire come al solito. Poi, durante la seconda settimana, il gruppo è stato randomizzato: alcuni hanno ridotto e altri allungato il sonno rispetto alle loro abitudini, mentre nella terza e ultima settimana di studio si sono invertite le parti: chi aveva riposato più a lungo ha dormito meno, e viceversa. I risultati, assicurano gli autori, sono stati conclusivi. Durante la settimana in cui i bambini hanno aumentato il loro sonno, hanno anche finito per consumare una media di 134 calorie in meno al giorno, pesavano circa 250 grammi in meno e avevano a digiuno livelli più bassi di leptina – un ormone chiave per il senso di fame e sazietà – rispetto alla settimana di sonno ridotto.
“I risultati di questo studio suggeriscono che migliorare il sonno dei bambini in età scolare potrebbe avere importanti implicazioni per la prevenzione e il trattamento dell’obesità”, conclude Hart. Dunque “il ruolo potenziale di sonno deve essere ulteriormente studiato”. Tanto che il team sta già lavorando a uno studio finanziato dal National Heart Lung and Blood Institute dei Nih americani su un breve intervento comportamentale per spingere i piccoli a dormire più a lungo. Una ricerca che punta a ‘fotografare’ eventuali cambiamenti nelle abitudini dei bambini a letto, a tavola, nell’attività fisica e nel peso. Anche se è ancora presto per trarre conclusioni, Hart spiega che l’intervento sembra essere molto promettente: “Dati tutti i benefici documentati, non si può perdere nel promuovere” l’importanza “di una buona notte di sonno”.
Fonte: Adnkronos Salute
“Il panorama delle vaccinazioni in Italia è estremamente variegato” e questo genera “confusione e incertezza non solo nei cittadini, ma anche negli stessi operatori sanitari”. Passa anche per le diverse opportunità di accedere ai programmi di profilassi la disuguaglianza che regna tra i bambini delle diverse regioni d’Italia. A dirlo è il dossier della Società Italiana di Pediatria che denuncia: “norme e calendari variano moltissimo da regione a regione” e “persino all’interno della stessa regione”. Il Veneto, ad esempio, ha sospeso a partire dai nati nel 2008 l’obbligo vaccinale, ma si è visto che “il passaggio dall’obbligatorietà all’adesione consapevole comporta il rischio di una riduzione, anche se di poco, della copertura per malattie come la poliomielite”. Solo in quattro regioni, ovvero in Puglia, in Basilicata, in Veneto e in Toscana, sono partiti, invece, programmi vaccinali pilota contro il temuto meningococco B, una tra le principali cause di meningite con esiti mortali e danni permanenti, come ipoacusie o amputazioni. Nelle altre regioni d’Italia i bambini non riceveranno l’immunizzazione gratuita. Occorre,afferma Stefano Semplici, presidente del Comitato per la Bioetica della Sip, “un ripensamento radicale degli esiti della ‘regionalizzazione’ del sistema sanitario, fermando la tendenza alla divaricazione fra le regioni e orientando la loro autonomia all’obiettivo di una crescente integrazione”.
I bambini che vengono allattati al seno per almeno i primi sei mesi di vita crescono piu’ intelligenti e, in particolare, riescono meglio in matematica, hanno risultati migliori nella lettura e nella scrittura e fanno meno errori di ortografia. E’ quanto emerge da uno studio pubblicato dai ricercatori australiani della University of Western Australia guidati da Wendy Oddy, secondo cui l’effetto benefico potrebbe dipendere da un legame piu’ forte che si instaura con la madre durante l’allattamento – al quale i figli maschi sarebbero piu’ reattivi – e dalla presenza di alcune sostanze, nel latte materno, che possono contribuire a sviluppare il cervello.
Fonte :Asca
Da uno studio della University of Oxford descritto su The Lancet arrivano nuove tabelle relative alla crescita dei bambini dal concepimento alla nascita. Attualmente le tabelle sono circa cento, elaborate secondo gli standard locali, e descrivono la crescita del bambino in un determinato territorio, in una determinata popolazione, mentre grazie a questo studio si passerà ad una sola tabella che misurerà la crescita del feto e del neonato con nuovi standard universali, perciò applicabili ovunque a prescindere dall’origine etnica e saranno più prescrittivi su come dovrebbe essere la loro crescita in base alla corretta salute e nutrizione e un adeguato status socioeconomico delle loro madri. Stephen Kennedy, tra gli autori della ricerca, precisa: “In una parte di una nazione un feto o neonato possono essere giudicati piccoli, ma in salute in un’altra regione. Questo può portare a diagnosi inaccurate e a terapie non necessarie o mancanti”. Quindi i nuovi standard saranno universali e sono stati ben visti anche dai pediatri italiani e a tal proposito Giovanni Corsello, ordinario di pediatria all’Università di Palermo e presidente della Società italiana di pediatria, sottolinea: “E’ una svolta epocale per i medici e per la ricerca scientifica avere un sistema di misurazione universale e molto più preciso delle attuali e numerose tabelle e curve percentili utilizzate fino a oggi, che contengono diverse zone grigie soprattutto quando si tratta di misurare i piccoli pretermine o scovare patologie prima della nascita”.
L’abstract dell’articolo:
http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(14)60932-6/abstract
Il Ministro della salute Beatrice Lorenzin ha firmato il decreto 8 agosto 2014 con “Linee guida di indirizzo in materia di certificati medici per l’attività sportiva non agonistica”.
Il documento fa chiarezza proprio all’inizio dei corsi e delle attività parascolastiche sulla definizione di attività sportiva non agonistica e dunque su chi deve fare i certificati, quali sono i medici certificatori, la periodicità dei controlli e la validità del certificato, gli esami clinici.
Disciplina infine per i medici il facsimile di certificato e definisce gli obblighi di conservazione della documentazione.
Le linee guida non si applicano all’attività ludica e amatoriale, per le quali il certificato resta facoltativo e non obbligatorio, come stabilito dal Decreto legge 69 del 2013 e confermato da una nota interpretativa del Ministero.
Chi deve fare il certificato
- gli alunni che svolgono attività fisico-sportive parascolastiche, organizzate cioè dalle scuole al di fuori dall’orario di lezione
- coloro che fanno sport presso società affiliate alle Federazioni sportive nazionali e al Coni (ma che non siano considerati atleti agonisti)
- chi partecipa ai Giochi sportivi studenteschi nelle fasi precedenti a quella nazionale
Quali sono i medici certificatori
- il medico di medicina generale per i propri assistiti
- il pediatra di libera scelta per i propri assistiti
- il medico specialista in medicina dello sport ovvero i medici della Federazione medico-sportiva italiana del Comitato olimpico nazionale italiano
Quando fare i controlli e quanto dura il certificato
- Il controllo deve essere annuale
- Il certificato ha validità annuale con decorrenza dalla data di rilascio
Quali esami clinici sono necessari
- Per ottenere il rilascio del certificato è necessaria l’anamnesi e l’esame obiettivo con misurazione della pressione e di un elettrocardiogramma a riposo effettuato almeno una volta nella vita.
- Per chi ha superato i 60 anni di età associati ad alti fattori di rischio cardiovascolare, è necessario un elettrocardiogramma basale debitamente refertato annualmente
- Anche per coloro che, a prescindere dall’età, hanno patologie croniche conclamate che comportano un aumento del rischio cardiovascolare è necessario un elettrocardiogramma basale debitamente refertato annualmente.
- Il medico può prescrivere altri esami che ritiene necessari o il consulto di uno specialista
Leggi le linee guida approvate dal Ministro:
http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=1723
Il decreto è stato inviato alla Corte dei conti per la registrazione e sarà poi pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
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