Una scelta complessa, difficile , che può dare angoscia e notti insonni ad un genitore è quella dell’asilo. Scelta che presuppone un insieme di domande correlate: a che età lo mando…dove…con chi lo lascio!!
Indubbiamente il quesito, proposto moltissime volte dai genitori durante le normali visite pediatriche periodiche, necessita di una risposta articolata. Primo dal punto di vista medico-immunologico, secondo dal quello psicologico e della socializzazione.
Medico –immunologico.
Il sistema immunitario umano è costituito da due sistemi di difesa indistinti ma che cooperano in maniera sinergica nella lotta alle infezioni: il sistema immunitario aspecifico, che combatte le malattie prescindendo dal riconoscimento dell’agente responsabile, ed il sistema immunitario specifico, il quale prevede il riconoscimento dell’agente responsabile e che possiede la funzione di memoria immunologica, in base alla quale ogni qualvolta l’organismo viene a contatto con un dato batterio o virus il sistema immunitario specifico reagisce subito perché lo riconosce dal momento che era memorizzato. Il sistema specifico è costituito dalle immunoglobuline che ci difendono prevalentemente dalle infezioni batteriche, e dai linfociti T che ci difendono dalle infezioni virali, fungine e da alcuni tipi di batteri.
Solo le immunoglobuline sono in grado di attraversare la placenta, per cui un neonato a termine possiede una difesa immunitaria “passiva” acquisita dalla madre. Per almeno per i primi sei mesi di vita, oltre i quali le immunoglobuline trasmesse dalla madre si esauriscono. L’altro settore delle difese immunitarie specifiche, quello dei linfociti T, è potenzialmente pronto nell’età del neonato-lattante a svolgere i compiti di difesa che gli competono.L’ efficienza delle difese mediate dai linfociti T presuppone una “competenza” che, a sua volta, maturerà in funzione del contatto con ripetute, più o meno modeste stimolazioni antigeniche.
Da quanto detto risulta che nei bambini immunocompetenti, cioè con un sistema immunologico normalmente funzionante: Il sistema immunitario aspecifico è evoluto e funzionante sin dalle prime settimane di vita Nei primi sei mesi di vita i bambini sono parzialmente protetti dalle infezioni perché hanno gli anticorpi (immunoglobuline) trasmesse dalla madre (almeno per quelle malattie da lei contratte) L’allattamento al seno potenzia questo tipo di difesa “passiva” perché il latte materno contiene IgA secretorie .
Dopo i primi sei mesi l’immunità specifica relativa alle immunoglobuline è garantita dallo stesso organismo del bambino. Ovviamente è necessario una stimolazione esterna per la loro produzione, rappresentata dal contatto con i agenti patogeni.
Il sistema specifico dei linfociti T è anch’esso pronto nel neonato ma necessita, come quello delle immunoglobuline, dello stimolo da parte degli agenti infettivi per essere attivato Il sistema immunitario specifico (immunoglobuline e linfociti T) possiede una specificità per ogni singolo microbo esistente. Questo significa che il primo contatto con un dato microbo può generare una condizione di malattia prima della sua neutralizzazione da parte del sistema immunitario; al secondo contatto, invece, il sistema immunitario che lo ha memorizzato, lo neutralizza ancor prima che possa determinare la malattia.
Esistono migliaia di agenti patogeni e quindi un bambino può ammalarsi al primo contatto con ognuno di essi, prima di sviluppare la ”memoria immunologia” che si attiverà al successivo incontro con lo stesso agente.
Qual è l’atteggiamento più corretto relativamentedal punto di vista immunologico? E’ chiaro, da quanto detto, che a 15 mesi o a 2-3 anni, nel bambino immunocompetente, i meccanismi di difesa immunitaria sono potenzialmente funzionanti in ugual misura; certo è che la socializzazione a questa età comporta un formidabile carico antigenico, che se da una parte può comportare una maggiore frequenza di patologia a carico delle vie respiratorie o gastrointestinali, dall’altro accelera il processo di “apprendimento immunologico” ed in definitiva un rafforzamento delle difese immunitarie.Andare all’asilo nido prima, facilita una maggior frequenza di infezioni non gravi per unità di tempo ed accelera la memoria immunologica andare al nido più tardi, induce una memoria immunologica meno rapida, ma espone a minor frequenza di malattia nell’unità di tempo.
Psicologico-Socializzazione
L’età ideale per inserire il bambino all’asilo nido è dopo i 18 mesi, quando il bambino cammina con sicurezza ed è già in grado vivere l’esperienza del distacco dalla madre senza particolari traumi.Si genera in loro confusione nel trovarsi tra le braccia di altre persone che, per quanto affettuose e preparate, sono degli estranei.
Dopo l’anno e mezzo di età, infatti, i bambini si adattano più facilmente alle novità, riescono a socializzare meglio e ad apprezzare la vita e i giochi insieme ai coetanei. Dipende da bambino a bambino, non esiste una regola universale perché ci sono anche bambini che si inseriscono molto facilmente.”
“Ai figli unici il consiglio è la frequenza dell’asilo nido dopo i due anni, cioè un anno prima della scuola materna: questo perché si tratta molto spesso di bambini soli che a volte non hanno nemmeno cuginetti e che possono incontrare difficoltà di inserimento nella comunità della scuola materna proprio perché non hanno mai condiviso nulla prima di allora”.
Certo, è fondamentale che la mamma creda davvero nell’asilo nido anche come opportunità di imparare a stare insieme ai coetanei, il rispetto degli altri, capire le regole dello stare insieme, e a condividere i giochi.
L’asilo nido infatti costituisce il luogo in cui si attua per la prima volta il passaggio dalla dimensione familiare a quella sociale ed è uno spazio in cui il bambino può sviluppare numerose abilità sociali, sia con le figure delle educatrici, sia con gli altri coetanei. E sappiamo bene che il bambino è un essere assolutamente sociale fin dai suoi primi giorni di vita, incuriosito dagli stimoli interpersonali e ricettivo agli scambi comunicativi”.
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L’asilo nido, tuttavia, accoglie anche bambini dai 3 mesi in su per soddisfare le esigenze di quelle famiglie che non hanno alternative valide. In questi casi è importante che la scelta dell’asilo sia particolarmente oculata, in modo da verificare se la struttura, pubblica o privata che sia, offra garanzia nella cura, nella pulizia e nell’ alimentazione del bambino e disponga di personale qualificato per lo svolgimento di varie mansioni
Per i bambini che non hanno ancora raggiunto l’età ideale per il nido ma che devono comunque frequentarlo, l’inserimento deve essere molto più graduale che negli altri casi.
Un’attenzione ancora maggiore va riservata al bimbo che inizia a frequentare il nido verso gli 8-9 mesi, cioè durante la difficile fase della paura dell’abbandono che proprio a quest’età comincia a manifestarsi. Anche se a quest’età sembra troppo piccolo per capire è indispensabile spiegare al bambino che dovrà stare lontano dalla madre per qualche ora, che nel frattempo la mamma andrà a lavorare e che si tornerà a casa insieme la sera.Senza queste spiegazioni, infatti, il bambino potrebbe vivere la sua fantasia di abbandono come una circostanza reale e quindi terribile.
Concludendo .
L’età d’ inserimento e conseguentemente il tipo di asilo potrebbero rispondere ad alcuni requisiti, diversi a seconda del tipo di bambino, del tipo di famiglia, dell’età e degli obbiettivi che si vogliono raggiungere con quest’inserimento.
1) La presenza di ambienti a misura di bambino (finestre non troppo basse, spazi adeguati, protezioni sugli spigoli vivi, bagni adatti ad essere utilizzati facilemente dai bambini, presenza di fasciatoi per il cambio dei più piccoli ecc..)
2) Strutture che dispongono anche di uno spazio esterno attrezzato e ben
delimitato;L’ambiente in genere deve essere allegro, colorato ma soprattutto pulito
e nel rispetto delle norme di sicurezza vigenti.
3) Competenza del personale: non dimenticate che tutte le persone preposte a lavorare con i bambini, devono avere almeno la qualifica di assistente all’infanzia.
4) Metodologia di inserimento: ci sono alcuni asili nido che puntano sull’inserimento rapido; secondo questa teoria, il genitore deve portare il bambino all’asilo, salutarlo ed andare via. E’ fondamentale che il distacco avvenga nel modo più graduale possibile. Fino a quel momento l’unico punto di riferimento del bambino è la mamma e potrebbe essere molto destabilizzante fargli affrontare un momento così importante da solo. Procedete per gradi e non avere fretta, un giorno in più di inserimento potrebbe risparmiarvi settimane e settimane di pianti.
5) La cucina interna è importante ma assicuratevi che sia attrezzata in una stanza isolata e resa inaccessibile ai bambini. Se trovate la struttura che vi piace ma ha il servizio catering chiedete le credenziali della ditta e preferibilmente un menù, così da poter acquisire informazioni maggiori in merito.