Come tutti, o quasi tutti, i papà racconto le favole…niente di insolito. Dall’alba dei tempi , in modi e lingue diverse, sono state raccontate favole ai bambini.
Da Esopo, favolista greco del VII o VI sec a.c., con le sue favole ricche di animali con sobrio riferimento ai vizi e alle virtù umane ad Hans Christian Andersen della Piccola Fiammiferaia e del Soldatino di piombo , ed ai Fratelli Grimm , con Biancaneve e i sette Nani e Pollicino, scritte a fine ‘700 , non da Walt Disney , per finire con il Padre di Pinocchio, Carlo Collodi , le favole hanno segnato la nostra esistenza, ci hanno fatto immaginare, sognare e volare sulle ali della fantasia, accompagnandoci fino all’età adulta. Ma , da adulti, ci siamo mai soffermati, raccontando una storia ai nostri figli, del significato di questa o analizzare i personaggi che animano una fiaba?
Le fiabe dei fratelli Grimm sono colme di violenza.Nella favola originale di Cappuccetto Rosso c’ è una descrizione accurata di come il lupo viene ucciso e squartato. I due fratelli tedeschi non scrissero di proprio pugno le favole, ma anzi, le raccolsero con accuratezza nei paesi e nelle campagne, dove venivano tramandate per via orale. Con il passare degli anni e con il passaparola queste leggende, divenute favole, venivano riadattate per essere raccontate ai bambini davanti al fuoco nelle sere dei rigidi inverni germanici.
Ma altri esempi come la Regina matrigna che ordina al “ fidato” cacciatore di uccidere l’orfanella Biancaneve perché molto più bella di lei, o Hansel e Gretel o Pollicino che vengono abbandonati dai genitori e rischiamo di venir mangiati da orchesse e orchi giganteschi, come nel “Fagiolo Magico” .Poi non pensiamo alla Piccola Fiammiferaia , bimba che muore di stenti e di freddo la vigilia di capodanno e cerca di scaldarsi con i fiammiferi. Pinocchio , da pezzo di legno diventa un bambino ma passando per mille peripezie e inanellando tutti i lati negativi degli uomini, dalla furbizia negativa della Volpe ladra, allo sfruttamento minorile di Mangiafuoco al rendere in schiavitù gli asinelli – bambini che giocano a biliardo e fumano sigari….le principesse delle favole sono tutte orfane, cadute in disgrazia, con sorellastre e matrigne , rischiano la vita continuamente, vedi Cenerentola o la Bella e la Bestia o la Sirenetta. Ma che gli raccontiamo a questi poveri bambini….
Noi non associamo mai la “morale” alla violenza, separiamo sempre un’azione cattiva , anche se è sotto metafora, da un’azione positiva ed educativa. Eppure il fine ultimo di questi racconti era proprio l’ insegnamento morale. Necessario è leggere la fiaba o favola, (sinonimi derivati dal verbo latino “ fari” che significa “parlare”, “raccontare”) anche nel contesto storico nel quale è stata scritta o raccontata, che non è lo stesso di oggi. La finalità è a carattere morale-didascalico, pertanto la sua trama non si esaurisce nella vicenda narrativa , allora come oggi , ma vuole piuttosto evidenziare un messaggio di ordine etico, giacché assai spesso gli scrittori se ne valsero in rapporto a un contesto politico-sociale negativo con povertà e fame per la maggioranza della popolazione, analfabetismo, alta mortalità infantile. Anche oggi dobbiamo vedere, al di là della storia raccontata, il fine educativo più alto della fiaba, e vederla come Gianni Rodari, il quale sosteneva che le favole devono servire unicamente ad aprire la mente del bambino, assolvendo così il loro scopo educativo. “Le favole -così recitava una sua famosa frase- sono il posto delle mille opportunità”.