Un Topo campagnolo venne invitato
con molta civiltà
a un pranzo di beccacce allo stufato
da un Topo di città.
Seduti su un tappeto di Turchia
coi piatti avanti a sé,
mangiavan quella grassa leccornia
felici come re.
Se il trattamento e il piatto
fu cortese e squisito io non dirò.
Ma solo avvenne un fatto
che sul più bello il pranzo disturbò.
Voglio dir che alla porta
s’intese tutto a un tratto un gran rumor,
l’uno scappa che il diavolo lo porta
e scappa l’altro ancor.
Passato quel rumor torna al suo posto
il Topo cittadin,
e vuole che del pranzo ad ogni costo
si vada fino in fin.
<< No, basta, – disse il Topo di campagna, –
vieni domani da me.
Non si mangia seduti in pompa magna
ghiottonerie da re,
ma si mangia e nessuno t’avvelena
il pane e il bicchier.
Senza la pace anche una pancia piena
non gusta il suo piacer .>>