Articolo originale: The Transfer of Drugs and Therapeutics Into Human Breast Milk: An Update on Selected Topics
Tranne alcuni analgesici, psicofarmaci e fitofarmaci infatti i rischi di contaminazione del latte materno sarebbero minimi, sostiene il recentissimo aggiornamento alle linee-guida in materia effettuato dall’American Academy of Pediatrics (AAP) dopo 12 anni e pubblicato sulla rivista “Pediatrics”.
Hari Cheryl Sachs, professoressa di Pediatria alla George Washington University e al Children’s National Medical Center e consulente della Food and Drug Administration, che ha coordinato l’aggiornamento afferma che prima di far interrompere l’allattamento al seno alle pazienti bisogna valutare bene la questione. Secondo l’AAP infatti la maggior parte dei farmaci non si concentra nel latte materno in livelli clinicamente significativi. L’assunzione di alcuni narcotici (codeina, idrocodone, ossicodone) è invece incompatibile con l’allattamento al seno. Nel caso di terapia con alcuni antidepressivi, antipsicotici e farmaci per l’abuso di sostanze l’allattamento deve suscitare preoccupazione, mentre in altri casi è definito “accettabile”.
“La tendenza più diffusa tra i pediatri, dice Ruth Lawrence, esperta di allattamento al seno presso l’University of Rochester Medical Center , finora è stata: non sapendo se è pericoloso, per sicurezza sospendiamo l’allattamento al seno, mentre invece i farmaci che debbono indurre una scelta così importante sono molto pochi”. Negli Stati Uniti si stima che circa l’80% delle neo-mamme dimesse dopo il parto allatti al seno, ma dopo 3 mesi questa percentuale si riduce al 30%, e una delle cause principali di questo calo è proprio la preoccupazione per i danni potenziali al bambino di farmaci assunti dalla madre. L’AAP raccomanda ai pediatri di chiedere informazioni dettagliate alle madri in allattamento sull’assunzione di eventuali farmaci o prodotti erboristici e ricorda che è disponibile per ogni informazione il database LactMed dei National Institutes of Health.